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martedì 17 marzo 2009

La Matassa

Che io mi lasci facilmente commuovere dai film è appurato. Basta un'inquadratura particolare, una musica struggente, l'espressione giusta dell'attore, ed ecco arrivare i lucciconi.

Eppure anche stavolta sono arrivati, pur essendo un film comico. Ho avuto il magone finale che mi ha costretto ad asciugare velocemente le (piuttosto copiose) lacrime prima che si accendessero le luci, giusto per evitare la solita occhiata scettica che mi riserva mia madre - lei, donna che non piange al cinema.

Visto con gli occhi di una catanese il film è ancora più spettacolare, perché a) vede la presenza di molti personaggi televisivi catanesi (Tuccio Musumeci, Pino Caruso, Claudio Gioè, i due poliziotti, e potrei continuare) e b) molte scene sono girate a Catania, e in quel frangente il cinema è andato letteralmente in sobbuglio per l'esaltazione. Io, nemmeno a dirlo, ero in estasi. Non solo perché adoro Ficarra e Picone, ma anche perché mi fa sempre un certo effetto vedere Catania al cinema (uhh, la strada che prendevo per andare in facoltà. Uhh il negozio dove vado sempre. Uh ma io quel tizio lo conosco), come penso succeda a tutti, quando vedano la propria città su un grande schermo.

Sabato mio zio, mentre la tv strasmetteva un minispecial sul film, ha buttato lì una frase che mi ha ucciso, letteralmente. "Ah, l'altro giorno sti due erano all'Università" --br--



COME PREGO?

Orbene, lavorando alla facoltà di Lettere di Catania vede spesso passare gente di spettacolo che la utilizzano per convegni, o robe così. Ma...FICARRA E PICONE?? E tu, o zio senza cuore non mi avverti nemmeno?

Vabbè, torniamo al film.

Gaetano e Paolo sono due cugini che, memori di un vecchio litigio dei loro padri, si sono allontanati. E l'odio fra famiglie può covare rancore anche per anni.
Ora Paolo, con la morte del padre, gestisce il suo albergo, mentre Gaetano si occupa di trovare mariti a straniere in cerca della cittadinanza.
Per un piccolo disguido, Gaetano irrompe nella chiesa sbagliata, presenziando così al funerale dello zio. Il cugino, buono nell'animo, crede che finalmente Gaetano abbia fatto il primo passo con l'intenzione di riallacciare il rapporto di un tempo.
Inseguito da due possenti gemelli russi, inviperiti perché il matrimonio-fasullo della loro sorella è saltato, Gaetano si stabilisce nell'albergo del cugino. Lui, apoteosi dell'ipocondria, credendosi in punto di morte per aver starnutito, annuncia moribondo che, quando sarebbe giunta la sua ora, avrebbe ceduto l'albergo a suo cugino. E lui, certo che l'albergo spettasse alla sua famiglia di diritto (era stata proprio quella, la causa della rottura fra i due fratelli), grazie ad un suo amico, falsifica le sue analisi facendogli credere che effettivamente ha poco tempo davanti a sé.
La gestione dell'albergo presenta però un grosso problema: la mafia (poteva mica mancare?) che richiede il solito pizzo (più gli arretrati) come "protezione".
Certo di stare per morire, Paolo si fionda al commissariato per denunciarli.

Una serie infinita di inseguimenti, buffi malintesi, ma anche la dolcezza dei ricordi dell'infanzia, per un film che consiglio a tutti di andare a vedere.



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